Migrazioni e soccorso in mare: il punto di vista del diritto
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Sono purtroppo ormai decine di migliaia negli ultimi anni le persone morte
per annegamento nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per chiedere
asilo in Europa. Una tragedia di proporzioni bibliche che riguarda da vicino il nostro Paese in quanto terra di frontiera tra Nord e Sud. Ma che riguarda più in generale l’Europa e tutto il mondo occidentale, anche perché responsabili del modello di sottosviluppo che provoca la fuga di masse crescenti di persone da Paesi e territori resi invivibili da miseria, guerra e devastazione ambientale. La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982 ha solennemente riaffermato, al suo art. 98, l’obbligo degli Stati di consentire ed anzi organizzare il soccorso marittimo alle persone in pericolo, ma occorre chiedersi in che misura tale obbligo sia effettivamente adempiuto. L’alto numero delle vittime, che continuano ad aversi con frequenza quasi quotidiana, e le polemiche politiche che accompagnano troppo spesso le missioni di salvataggio fanno nascere numerosi e purtroppo fondati dubbi al riguardo.
INTERVENGONO:
- Fabio Marcelli, ISGI/CNR
- Giorgia Bevilacqua, Università della Campania, progetto Humarcyspase
- Francesco Schettino, Università della Campania, I dati della strage
- Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo, La finzione della zona SAR “libica”: sistemi di controllo e giurisdizione europe
- Christopher Hein, Università LUISS, Salvataggio in mare e il principio di non-refoulement
- Sara Bellezza, Borderline Europe, EU ad hoc relocation: un approccio umanitario o un’altra forma di respingimento alle frontiere?
- Gemma Andreone, ISGI/CN
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