Lotta al terrorismo e sanzioni targhettizzate: la sentenza della Grande Camera della Corte europea dei diritti umani nel caso Nada
[:it]Con la sentenza del 12 settembre 2012, sul caso Nada c. Svizzera, ricorso n. 10593/08, la Grande Camera della Corte europea dei diritti umani ha condannato la Svizzera per l’incompatibilità con gli articoli 8 e 13 della CEDU delle modalità di attuazione da parte delle autorità elvetiche del sistema di sanzioni targhettizzate (cd. smart sanctions) previste dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza n. 1267 (1999), n. 1333 (2000), n. 1373 (2001), e n. 1390 (2002) e applicate dalla Svizzera nei confronti di un cittadino italo-egiziano sospettato di appartenere, o fiancheggiare, Al Qaeda e i Talebani. Secondo la Corte, infatti, le autorità svizzere non solo non hanno sufficientemente preso in considerazione la specificità della controversia, l’eccessiva durata delle misure inflitte (divieto di abbandonare Campione d’Italia per almeno 6 anni), la nazionalità, l’età e le condizioni di salute dell’interessato violando – dunque – il diritto alla vita privata del ricorrente, ma non hanno neanche provveduto a rimuovere gli ostacoli alla totale cancellazione del nome del ricorrente dalla black list, e ciò in violazione del diritto ad un ricorso effettivo tutelato dalla Convezione.
Scarica PDF.[:en]Con la sentenza del 12 settembre 2012, sul caso Nada c. Svizzera, ricorso n. 10593/08, la Grande Camera della Corte europea dei diritti umani ha condannato la Svizzera per l’incompatibilità con gli articoli 8 e 13 della CEDU delle modalità di attuazione da parte delle autorità elvetiche del sistema di sanzioni targhettizzate (cd. smart sanctions) previste dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza n. 1267 (1999), n. 1333 (2000), n. 1373 (2001), e n. 1390 (2002) e applicate dalla Svizzera nei confronti di un cittadino italo-egiziano sospettato di appartenere, o fiancheggiare, Al Qaeda e i Talebani. Secondo la Corte, infatti, le autorità svizzere non solo non hanno sufficientemente preso in considerazione la specificità della controversia, l’eccessiva durata delle misure inflitte (divieto di abbandonare Campione d’Italia per almeno 6 anni), la nazionalità, l’età e le condizioni di salute dell’interessato violando – dunque – il diritto alla vita privata del ricorrente, ma non hanno neanche provveduto a rimuovere gli ostacoli alla totale cancellazione del nome del ricorrente dalla black list, e ciò in violazione del diritto ad un ricorso effettivo tutelato dalla Convezione.
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